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Al di là della tessitura retorica prelevata da Cicerone, scelto in modo risoluto (e in esordio al dialogo) come simbolo stesso di quell'universo, trapelava la lezione civile che la figura di Guidubaldo, accostata alla stirpe degli Scipioni, poteva indicare con l'appello al figlio adottivo Francesco Maria e soprattutto, attraverso la virtù di Elisabetta, alle altre realtà politiche italiane. Emblema di saggezza e di una virtù affabilmente disposta al dialogo (giusta l'amabilitas che Bembo gli attribuiva), Guidubaldo diventava accecante esempio di una tenacia stoica, costantemente minacciata dall'emergenza del presente, che conserva però nella certezza della giustizia e nel conforto della cultura (ovvero nel primato della vita contemplativa, come affermerà, dietro il ricordo di Federico da Montefeltro, anche Castiglione in Cort. IV 26) la sua irriducibile ricompensa.